Come mantenere nel tempo la motivazione, aggiornare le competenze, alleviare le fatiche fisiche tipiche di alcune professioni dopo anni passati nello stesso servizio? Sono domande che hanno iniziato a farsi molte cooperative sociali sia rispetto a lavoratori che ormai lavorano da 20/30 anni nello stesso servizio sia nella prospettiva di un invecchiamento progressivo del personale.
Non sono però interrogativi esclusivi delle imprese sociali, come è emerso dai primi focus group organizzati nell’ambito del progetto di ricerca – azione promosso dall’Ufficio Risorse Unione Europea e Sviluppo del lavoro della Provincia autonoma di Trento destinato al sostegno dell’innovazione sociale e inclusione nei contesti lavorati.
Agli incontri hanno partecipato, oltre a Consolida e ad alcuni dirigenti della cooperazione sociale (Domenico Zalla per le coop. B ed Elisabetta Tomasi per le coop. A), rappresentanti di diversi sistemi datoriali (da Confcommercio e Confartigianato), dei sindacati e delle istituzioni; tutti hanno espresso la comune necessità di focalizzare l’attenzione sull’invecchiamento attivo.
Work ageing inteso in una accezione ampia, non solo quindi legato all’età avanzata, ma in un’ottica di prevenzione ed allargato a tutte le figure professionali, comprese quelle di coordinamento o apicali rispetto alla gestione dei cambiamenti.
Dal focus è nato un tavolo di lavoro interorganizzativo, cui partecipa anche Giusi Valenti, responsabile sviluppo e progettazione di Consolida, che ha approfondito il tema. Nonostante le dinamiche demografiche e le politiche pensionistiche lo rendano di estrema attualità, mancano sistemi di raccolta dei dati e sono rare le politiche sia pubbliche che imprenditoriali mirate.
Il Trentino da questo punto di vista ha fatto investimenti consistenti come il Progettone che affrontano però solo una parte del “problema”, occupandosi di lavorati già maturi ed “espulsi” dall’ordinario mercato del lavoro. Negli ultimi anni l’Agenzia del Lavoro ha anche introdotto nel Piano di Politiche attive del lavoro lo strumento della “staffetta generazionale”, la cui applicazione è tuttavia ancora limitata. Con questo nuovo progetto si prova ad adottare un’ottica più ampia, anche di tipo preventivo con l’obiettivo di costruire azioni pilota per introdurre prassi innovative e, magari, suggerire nuove politiche. Il gruppo di lavoro a giugno ha fatto una visita di studio in Norvegia, Paese che per certi aspetti presenta caratteristiche simili al Trentino, ma è sicuramente all’avanguardia sul work ageing.
“Il modello norvegese rispetto ai lavoratori senior – racconta Giusi Valenti –ha un approccio che combina i dati (ricerca e analisi) con politiche per l’ accompagnamento delle aziende e (co) design dei servizi legati alla gestione delle risorse umane. Per questo è fondamentale la collaborazione e il networking tra i diversi attori. Tra gli altri elementi che abbiamo raccolto nel confronto con i diversi soggetti norvegesi, quali il Centre for Senior Policy e Skills Norway, c’è l’investimento culturale nel superamento degli stereotipi (e su questo i dati fanno la differenza) e il dialogo tra lavoratori e datori di lavori, in cui ha un ruolo fondamentale il management”.
Per il gruppo di lavoro potenzialmente tutti gli elementi delle pratiche visitate sono trasferibili in Trentino, ma sono prioritari la promozione della transizione verso una cultura che consideri il lavoratore senior una risorsa da trattenere e valorizzare piuttosto che “da mandare” in pensione. Serve poi una attività di sensibilizzazione, basata su evidenze empiriche, che aiuti a superate gli stereotipi e la definizione congiunta di politiche, strumenti e interventi condivisi tra istituzioni e parti sociali.
A ottobre il gruppo ha programmato una visita studio in Francia, altro Paese attento al work ageing, anche se rispetto alla Norvegia caratterizzata da un sistema partecipativo e cooperativo tra pubblico e privato, presenta un modello più dirigistico