EDUCAZIONE: IL CONTRASTO ALL’ESCLUSIONE DA COVID

di Serenella Cipriani, presidente Consolida

Con il passare delle settimane risultano sempre più chiare le conseguenze che il lockdown ha avuto sui bambini e le loro famiglie, soprattutto quelle derivate dalla prolungata chiusura di servizi educativi e delle scuole. In particolare è ormai evidente che la pandemia non è stata neutra nei suoi effetti e ha colpito maggiormente i più fragili: chi non era in possesso dei dispositivi tecnologici o connessioni; chi era già esposto a situazioni di povertà educativa e chi aveva una disabilità. Una ricerca recente presentata dal professor Ianes, il 36% degli studenti con disabilità è sparito dalla classe con la didattica a distanza. La ricerca condotta dall’Autorità per le comunicazioni su un campione rappresentativo di famiglie conferma questo quadro sconcertante: 10 ragazzi su 100 sono rimasti fermi ai box, esclusi dal processo educativo senza nessuna forma di apprendimento guidato. Per far fronte a questa situazione le strade ovviamente possono essere molteplici, tra queste quella intrapresa a livello locale dalla Provincia Autonoma di Trento che con l’ordinanza del 24 giugno ha riaperto i servizi didattici ed educativi di istruzione e formazione professionale del primo e secondo ciclo per gli alunni e alunne con bisogni educativi speciali. Ordinanza rafforzata nella sua possibilità realizzativa dalla delibera della Giunta del 3 luglio riguardante le “Misure per la riorganizzazione, la rimodulazione e il finanziamento dei servizi socio-assistenziali, educativi e scolastici a seguito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”. La delibera proroga al 31 agosto il termine per la riprogrammazione delle attività che erano state previste per il periodo marzo – giugno, riconoscendo solo nel caso non risulti possibile la rimodulazione totale, il 30% dell’importo stabilito dal contratto originario. L’intento è chiaramente quello di favorire il più possibile la rimodulazione degli interventi nell’ambito dei servizi educativi e scolastici, tenendo in considerazione la necessità di differenziarli sulla base delle esigenze dei singoli studenti. La decisione presa a livello politico ha generato un confronto, anche mediatico, tra posizioni contrapposte: chi chi ritiene inopportuno riportare in situazione “scolastica”, bambini e ragazzi  che in questo periodo dell’anno avrebbero il diritto, al pari dei loro coetanei, di vivere esperienze di socializzazione e apprendimento in contesti informali, all’aria aperta e chi invece considera questa estate un tempo prezioso per recuperare quel gap curriculare di cui soprattutto gli studenti con bisogni educativi speciali sono stati le più colpiti. Se non vogliamo che alla crisi sanitaria ed economica che stiamo vivendo se ne aggiunga una educativa e sociale dalle conseguenze pesanti per tutti i bambini e ragazzi, ma drammatiche per chi già in precedenza viveva situazioni di difficoltà di apprendimento e opportunità di crescita, è necessario lavorare insieme (pubblico/privato) per trovare soluzioni condivise per “riparare” gli effetti dell’isolamento e della mancanza di un accompagnamento curriculare che in molti hanno vissuto e gettare così le basi per una equità educativa e sociale.

In maniera seria l’attenzione va posta sulla continuità fra l’offerta curriculare ed extra scolastica nei termini di approccio educativo, obiettivi e centralità della persona; sugli strumenti compensativi che possono sostenere sia gli apprendimenti che la socializzazione nella visione che l’inclusione scolastica riguarda tutti gli studenti e non solo una sottocategoria; sullo sviluppo di una didattica onlife seguendo la suggestione del filosofo Luciano Floridi, ovvero una pratica educativa che sia realmente frutto di una interazione fluida tra la realtà materiale e analogica e quella virtuale e interattiva. Il tutto senza dimenticarci che questi obiettivi richiedono impegno, persone competenti e risorse economiche dedicate.

La delibera del 3 luglio