LAVORO DI CURA PER IL FUTURO DELLE COMUNITA’

L’inedita crisi del lavoro che colpisce trasversalmente i diversi settori imprenditoriali e produttivi, non ha risparmiato la cooperazione sociale.  La mancanza di lavoratori nel settore della cura, che si declina negli ambiti dell’educazione, dell’assistenza e dell’inclusione lavorativa, rischia di minare servizi di welfare fondamentali per il benessere di migliaia di persone e famiglie trentine.

Se ne è parlato nel convegno “lavoro di cura, cura del lavoro” organizzato da Consolida presso la Cantina sociale di Trento cui hanno partecipato moltissimi rappresentanti della politica e delle istituzioni, dei sistemi imprenditoriali, delle associazioni di rappresentanza dei lavoratori e della società civile, centri di ricerca e formazione.

“Il ruolo emancipatorio e di promozione delle persone della cooperazione sociale – ha affermato Francesca Gennai, vicepresidente di Consolida – rende urgente interrogarsi su come costruire strategie non solo gestionali, ma anche culturali, condivise con il sistema pubblico e con gli altri attori territoriali per rendere il lavoro di cura attrattivo, anche per le giovani generazioni, e un ambito di forte investimento pubblico. Solo così potremmo rispondere ad una domanda di servizi di cura in esponenziale aumento”.

Che non si possa più contare solo sulla motivazione intrinseca e individuale delle persone lo ha ribadito anche Gianluca Salvatori: per il segretario generale di Euricse serve che il valore di questo lavoro venga riconosciuto, apprezzato e retribuito adeguatamente. E una conferma che questa sia la direzione giusta viene dalle politiche comunitarie, l’economia sociale è infatti entrata nelle priorità europee e sarà un ambito di forti investimenti dei prossimi10 anni.

Per Riccardo Salomone presidente dell’Agenzia del Lavoro, le risorse sono importanti e la Provincia dal 2009 ad oggi ha quasi raddoppiate quelle politiche attive, ma non basta: “serve ridisegnare le politiche e ritrovare sintonia tra la pubblica amministrazione e la cooperazione sociale, superare il modello dell’organizzazione burocratica in cui le cooperative sono mere erogatrici di servizi. Questo è il nodo e non vuol dire ridurre il ruolo del pubblico, anzi rafforzarlo, recuperando l’idea di una amministrazione comunitaria e di rete”.

Sulla stessa linea Salvatori, che però ha invitato anche il Terzo settore e la cooperazione sociale a fare uno sforzo. “Per costruire un partenariato pubblico-privato – ha detto – occorre essere orientati all’innovazione e operare non settorialmente ma interpretando l’interesse generale della comunità che è più dell’interesse pubblico e certamente non è un interesse specifico”.

Questa rivisitazione delle politiche riguarda anche la formazione, tema approfondito da Francesco Profumo, presidente di Fondazione Bruno Kessler, che ha messo in rilievo la necessità di ripensare al sistema formativo in modo profondo e con un’ottica a medio lungo termine, superando la logica a silos, standardizzata, per costruire insieme un modello formativo personalizzato che garantisca loro una buona qualità di vita e li renda resilienti in questo mondo che di certo ha solo l’incertezza e la rapidità”.