di Serenella Cipriani, presidente Consolida
Questa è una settimana cruciale per il futuro del movimento cooperativo: venerdì saremo chiamati ad esprimere il nostro voto per le elezioni del presidente e del cda della Federazione. Questo cambio di governance avviene in un tempo segnato dalle conseguenze di una pandemia che ancora non sono così chiare. La crisi generata dall’emergenza sanitaria, particolarmente aggressiva, ha implicazioni gravi di natura sociale ed economica che con molta probabilità sono destinate ad acuirsi, e coinvolge, trasformandoli, stili di vita e di lavoro, assetti di welfare, modelli di sostenibilità ambientale, riqualificazioni tecnologiche. Genererà un aumento delle disuguaglianze sociale ed economiche con conseguenze importanti verso i più deboli, i più fragili.
Tale delicato attraversamento esige una straordinaria mobilitazione volta a predisporre le competenze, la coesione e le leadership necessarie per innovare il sistema cooperativo e metterlo in grado di reagire al cambio d’epoca che stiamo vivendo, rendendo disponibile, con generosità ed equilibrio, il patrimonio intergenerazionale di principi, abilità e risorse, affrontando e mitigando gli squilibri che inevitabilmente insidieranno la tenuta del sistema trentino e la qualità del nostro convivere. In questo scenario da alcuni mesi ho condiviso un percorso con altri candidati consiglieri del sociale, degli altri settori e trasversali mossa dalla convinzione profonda che la Federazione sia ente di rappresentanza unitario che deve accogliere al suo interno tutte le sfaccettature di un movimento così ampio, quindi nei fatti, anche tutte le istanze culturali della comunità trentina. È il luogo della sintesi dove va coltivata un’idea pluralistica della cooperazione che, nel rispetto delle differenze di approcci e di opinion, riconosce il valore della unitarietà come strumento necessario per la crescita, per l’emancipazione, lo sviluppo economico e la coesione sociale della comunità.
Il compito oggi della Federazione riteniamo sia di assicurare una rappresentanza unitaria della cooperazione trentina, rinsaldando le sue basi e non svilendole attraverso un reiterato ed inutile richiamo retorico ai valori fondanti che sono invece testimoniati dalla quotidiana attività di ogni cooperatore. prossimi anni vedranno quindi la Federazione impegnati a rileggere profondamente le trame del suo tessuto, ma accanto a questo chiederemo che si impegni in alcune direttrici fondamentali per il nostro comparto.
La cooperazione sociale trentina deve aspirare a un riconoscimento maggiore del suo ruolo all’interno del sistema di welfare provinciale: non più e non solo fornitore qualificato di manodopera al servizio del pubblico, ma un ruolo di sussidiarietà piena in una relazione di partnership con l’Ente pubblico. In questo tempo di finanza pubblica difficile, in cui tutti saremo chiamati a farci carico della necessità di rientrare dall’enorme massa di debito pubblico, crediamo che la cooperazione possa essere lo strumento con cui gestire molti servizi, sulla base di una monitorata maggiore efficienza ed efficacia organizzativa. C’è bisogno di innovazione, creatività, reattività per affrontare questi e le imprese sociali hanno ascritto nel loro DNA questi elementi. Servizi di cura alla persona, socio educativi, socio sanitari, non possono vedere declinata a monte l’innovazione che li deve caratterizzare: per questo il Sistema dell’accreditamento deve essere considerato come un palinsesto possibile, ma non come uno strumento confinatorio. Sono i servizi che devono adattarsi alla vita delle persone e non viceversa. E per farlo devono essere servizi di qualità, e ciò è possibile solo se chi ci lavora vede riconosciuti la propria competenza e il proprio impegno in modo equo e non penalizzato rispetto ad altri settori.
Abbiamo bisogno che anche l’Ente pubblico faccia uno scatto e assuma la capacità di misurare l’impatto sociale dei diversi progetti, piuttosto che limitarsi ad una valutazione preventiva di uno strumento effettuata solo ed esclusivamente a livello teorico. L’intervento pubblico deve con capacità creare gli strumenti normativi e finanziari necessari a sostenere l’azione delle imprese sociali, abbandonando la logica del “ripiano di bilancio”, per entrare invece in una valutazione del singolo progetto in una dimensione di capitale di equity. La visione della pubblica amministrazione sia improntata non verso la logica dell’aiuto, ma all’emancipazione e alla crescita professionale delle imprese sociali presenti sul territorio. Imprese che a loro volta creano opportunità occupazionali per migliaia di lavoratori, tra cui centinaia di persone svantaggiate e fragili. Abbiamo infine la necessità di completare il lavoro recepito attraverso la legge provinciale 3/2020, art 28, laddove la stessa parla di Servizi di Interesse Generale (SIEG); dobbiamo completare il lavoro impostato attraverso gli emendamenti poi recepiti dalla Giunta provinciale, andando a declinare, servizio per servizio, la sua valutazione come Servizio di Interesse Generale.
Nell’assumermi l’impegno, insieme ai colleghi, di portare all’attenzione dell’agenda federale i punti sopra esposti, c’è un’ultima raccomandazione che mi sento di fare. L’esito di venerdì non deve tracciare un solco fra vinti e vincitori, ma una cerniera che sappia ricucire gli strappi del passato. È il tempo del coraggio, non del rancore.