BUONE PRASSI. LA VISITA A K-PAX

 

Conoscere buone prassi, contaminarsi ove e se possibile e ampliare la conoscenza sul tema immigrazione fuori dal contesto provinciale è stato l’obiettivo della visita a K-Pax – una cooperativa mista A e B – in Val Camonica da parte delle associate di Consolida aderenti al progetto “Immigrazione e lavoro”. Malgrado le grandi differenze – soprattutto amministrative – rispetto alla realtà trentina la visita è stata interessante, sia per i rappresentanti delle cooperative che per le rappresentanti di Cinformi e della segreteria del Tavolo dell’Economia Solidale che sono state coinvolte in questo progetto. “Siamo in montagna, il contesto è geograficamente simile, ma per quanto riguarda la gestione dei progetti la differenza è sostanziale. In K-Pax è subito evidente la grande autonomia della cooperativa nell’organizzare gli interventi. Tutto è maggiormente privatizzato”, racconta Silva Floriani che ha organizzato per Consolida la visita.

K-pax, dopo i primi anni di gestione di emergenze legate a precedenti gestioni non positive della presenza di richiedenti asilo in valle, ha creato protocolli di accoglienza che coinvolgono la prefettura, i comuni, diverse associazioni e altre cooperative, enti, parrocchie, privati con l’obiettivo di trovare soluzioni più adeguate per tutti. Oggi i profughi sono accolti in appartamenti nei diversi paesi, attraverso tirocini diversi si occupano della cura delle zone delle pitture rupestri, del verde e di attività di manutenzioni per il pubblico (soprattutto imbiancature sia di esterni che di interni). Il lavoro da un lato permette un riconoscimento degli utenti come risorse e dall’altro, attraverso gli inserimenti in realtà private, la creazione di una cultura dell’accoglienza. Per raggiungere dei buoni risultati è stata organizzata un’attenta valutazione delle attitudini e delle competenze personali e professionali e uno studio approfondito del contesto di inserimento, oltre a momenti formativi specifici. Avere la persona giusta al posto giusto permette di minimizzare le reazioni di rifiuto da parte della comunità: nelle case di riposo ad esempio i profughi inizialmente si sono occupati della manutenzione, oggi lavorano anche in cucina e fanno assistenza.