RELAZIONE 2017 DELLA GARANTE DEI DETENUTI


Antonia Menghini, docente di diritto penale e penitenziario alla Facoltà di giurisprudenza di Trento ed eletta lo scorso ottobre garante dei detenuti dal Consiglio provinciale, ha presentato alla fine di giugno la sua prima relazione sulle attività realizzate nel 2017 nella casa circondariale di Spini di Gardolo. Con la sua nomina avvenuta a ottobre 2017 si è dato corpo alla legge provinciale che nel giugno dello stesso anno aveva, dopo un lungo e travagliato iter, istituito la figura del garante dei detenuti per la Provincia di Trento con l’obiettivo di rafforzare la tutela dei diritti e della dignità dei detenuti
La relazione, che evidenzia aspetti positivi ma anche criticità su cui occorre lavorare, si apre con la presentazione dei dati sul numero di persone detenute alla fine del 2017 nella casa circondariale, precisamente 287 di cui 276 uomini e solo 21 donne. A giugno 2018 sono già aumentati a 320. Il 72,5% di loro è straniero (soprattutto tunisini, marocchini e albanesi); si tratta di una delle percentuali più alte riscontrate negli istituti italiani. “L’elevato numero di detenuti stranieri comporta tutta una serie di problematicità – ha spiegato Menghini – in quanto è difficile declinare il trattamento rieducativo nei confronti di un detenuto quasi sempre sprovvisto di documenti e quindi destinato all’espulsione. Anche l’elevato turn-over (il flusso degli ingressi-uscite ammonta a 150 persone nel primo semestre 2018) ostacola la costruzione di programmi rieducativi”.
Nonostante rimanga critica la situazione determinata dalla inadeguatezza numerica del personale di polizia penitenziaria evidenziata negli ultimi anni in più occasioni, la garante esprime soddisfazione sul fronte dei progetti scolastici e lavorativi.
Buoni i risultati raggiunti in termini di coinvolgimento complessivo dei detenuti in proposte lavorative sia offerte dalla stessa casa circondariale (servizi interni di pulizia, cucina, manutenzione spazi) sia dal gruppo delle 5 cooperative sociali che, dall’apertura del nuovo carcere (7 anni fa) ad oggi, hanno introdotto attività diversificate.
Nel corso del 2017 sono state create oltre 65 opportunità nell’ambito delle produzioni gestite dalle cooperative sociali Venature, Kinè, Kaleidoscopio, Chindet e La Sfera. In particolare sono state inserite 34 persone con percorsi di educazione e formazione al lavoro e con modalità laboratoriale in attività di assemblaggio dalla cooperativa Kaleidoscopio e in collaborazione con Chindet, la quale ha inoltre assunto altre 8 persone in percorsi di inserimento lavorativo con contratto di lavoro.
11 detenuti sono stati invece assunti dalla cooperativa Venature nella gestione della lavanderia intramuraria e 8 da Kinè nel laboratorio di digitalizzazione, dove viene scannerizzato il materiale cartaceo del Servizio Acque pubbliche, del Tavolare della PAT e dell’APAPI.
La Sfera, infine, con l’inserimento di 4 persone, ha curato lo spazio verde intramurario, coltivando e commercializzando, con il marchio Galeorto, cavoli, pomodori, piante aromatiche e lo zafferano per la produzione di una birra aromatica. “Se riusciamo ad inserire correttamente nel mondo del lavoro le persone che stanno pagando o hanno pagato il proprio conto con la giustizia – ha sottolineato Menghini – la comunità ne guadagnerà notevolmente in termini di sicurezza”.