(RI)PENSARE AI BAMBINI E AGLI ADOLESCENTI

Francesca Gennai, vicepresidente Consolida

di Francesca Gennai, vicepresidente Consolida

Il futuro si costruisce con le decisioni che si prendono oggi. Con questa consapevolezza, ancora più forte nello scenario attuale, chi, come noi, si occupa di infanzia e di minori deve impegnarsi per fermare l’avanzata di una cultura privatistica della cura e dell’educazione ripiegata solo sulle esigenze di conciliazione degli adulti, riaffermando il senso e le finalità dei servizi educativi, e ancora prima, i diritti dei bambini. Questo è il momento di fare proposte di innovazione e cambiamento, che già da tempo, in termini qualitativi e quantitativi, l’infanzia chiedeva.

Le derive di un’assenza di pensiero e di azione in questa direzione sono molteplici. La prima è di avere a settembre nidi d’infanzia e centri educativi vuoti, il che, oltre a mettere a rischio numerosi posti di lavoro, minerebbe la fiducia verso i servizi alla persona fondamentali, già messa a dura prova dal Covid19. Quelle “comunità” che fino a ieri erano considerate un elemento di valore e di crescita per i bambini e ragazzi, oggi sono viste con timore perché considerate foriere di contagi.

Il secondo rischio è quello di un ritorno al passato per i servizi educativi. L’affermarsi di una visione centrata sulla “neutralità” dei luoghi e di una correlazione univoca fra luogo e funzione spinta all’esasperazione portano a considerare i servizi per la prima infanzia e quelli per minori come meri luoghi di conciliazione e pertanto “sostituibili” con attività di babysitteraggio a domicilio, e le scuole come luoghi dell’istruzione e quindi “sostituibili” con la didattica on line. Ma, lo sappiamo bene, questi luoghi hanno funzioni plurime altrettanto rilevanti nel sostenere la crescita dello sviluppo dei bambini e le famiglie.

Dobbiamo affrancarci da questa visione e trovare un equilibrio fra i diritti degli adulti e quelli dei bambini partendo nella costruzione della Fase 2 da alcuni punti di innesco: da un lato i progetti innovativi che stiamo sperimentando in questi giorni attraverso l’uso delle nuove tecnologie, dall’altro la conoscenza profonda cha abbiamo dei bambini, degli adolescenti e delle loro famiglie.

Dobbiamo farlo in maniera sistemica, guardando cioè a come si riconfigurerà il mondo del lavoro; quali saranno le nuove politiche ambientali e quali gli inediti tratti identitari che si stanno sedimentando nella nostra comunità. Neanche questa sarà più quella di prima.

In questa ottica, guardando alla fase più prossima, ovvero quella tra maggio e settembre, il re–design dei servizi necessita di alcune direttrici fra le quali possiamo ricomprendere:

  • Mantenere la dimensione collettiva del servizio come valore educativo irrinunciabile. Va accettata la sfida del distanziamento spaziale preservando la relazione tra coetanei. Bambini e ragazzi hanno bisogno di uno scambio fra pari, il solo mondo degli adulti va loro stretto;
  • Garantire la possibilità di uno scambio intergenerazionale immaginando luoghi come spazi di incontro dove nonni e bambini possano, in un ambiente educante, “imparare” a stare di nuovi vicini anche senza toccarsi;
  • Alimentare un continuum fra il progetto educativo del servizio e quello che avviene in famiglia con una co–costruzione e co–attuazione del percorso;
  • Sostenere la capacità anche animativa delle risorse parentali attribuendo loro la stessa valenza valoriale di quella educativa;
  • Assicurare la presenza di risorse professionali in grado di mantenere un approccio pedagogico–educativo anche all’interno di proposte temporalmente più brevi ed “estemporanee” rispetto a quelle “tradizionali”;
  • Sfruttare le risorse outdoor disponibili, cercando di tracciare una mappa territoriali di luoghi sicuri per i bambini e gli adolescenti.