di Serenella Cipriani
La sostenibilità nell’esercizio efficace di una funzione pubblica è un elemento costitutivo e imprescindibile delle cooperative sociali e, più in generale del Terzo Settore. Una sostenibilità che va pensata a 360 gradi, riferita cioè alle risorse economiche, ma anche a quelle umane, ovvero alle nuove aggiornate competenze che servono per affrontare e dare risposte a bisogni sempre più complessi e spesso neppure facilmente interpretabili, ma anche ad obblighi normativi. Trascurare l’obiettivo della sostenibilità o sottovalutarlo, per la cooperazione sociale non è possibile perché a farne le spese sarebbero i cittadini, spesso persone fragili, di cui ci occupiamo, o i lavoratori.
Oggi però questa ricerca della sostenibilità è messa a dura prova da mutamenti normativi e del contesto sociale. Penso ad esempio al rinnovo del contratto della cooperazione sociale che se da un lato dà risposta alle aspettative legittime dei lavoratori, dall’altro rischia di mettere in crisi molte delle organizzazioni per cui lavorano, che si ritrovano “imbrigliate” per i prossimi anni in convenzioni e appalti che non considerano il sopravvenuto maggiore costo del lavoro. Penso ancora ad alcune agevolazioni come IMIS ed IRAP che, in seguito di un’applicazione più rigorosa degli aiuti di Stato, sono state confermate dalle ultime leggi di stabilità, ma solo a titolo di de minimis. O ancora al processo di accreditamento che prevede complessi adempimenti e azioni formative che, soprattutto le piccole cooperative, potrebbero avere difficoltà ad affrontare. Rimanendo sul piano delle competenze che vengono richieste alle cooperative, cito come ulteriore esempio le novità introdotte da recenti modifiche normative sui profili degli educatori, che rischiano di mettere in discussione operatori che da anni operano nelle nostre organizzazioni, o in crisi cooperative che fanno fatica in zone periferiche a trovare i profili richiesti dalle norme.
Mi fermo a questi esempi, sufficienti a dimostrare come la responsabilità della sostenibilità – ripeto economica, ma anche organizzativa – non possa più oggi essere demandata alla singola cooperativa. È una responsabilità che va condivisa a livello di sistema, interno ed esterno, come consorzio innanzitutto, ma poi con le nostre organizzazioni di riferimento (penso alla Federazione innanzitutto che ha tra gli altri i compiti delle relazioni sindacali) ma anche con le istituzioni con cui lavoriamo e con cui condividiamo la funzione pubblica. Sappiamo già di avere al fianco interlocutori sensibili e attenti, penso ad esempio ai sindacati e alla loro richiesta pubblica di ampliare i fondi provinciali per l’assistenza a fronte del rinnovo contrattuale (link al documento).
E in questa direzione di sistema, il consiglio di amministrazione ed io, ci stiamo muovendo organizzando una serie di incontri con le associate, come quello di alcune settimane fa con le cooperative di tipo A, che ci permettano attraverso il dialogo e il confronto di poter oggettivare con i nostri interlocutori (dalla Federazione alla Provincia, all’Agenzia del Lavoro) con forza e coerenza soluzioni per la sostenibilità delle nostre organizzazioni ma soprattutto dell’attuale sistema di welfare provinciale.